Un articolo molto interessante sulla figura del clowndottore scritto dalla nostra clowndottoressa Coccola, Claudia Massaro.

Da circa vent’anni ormai la figura del clowndottore con il suo naso rosso è presente in contesti di cura quali ospedali, centri riabilitativi, ambulatori. Per lo più la presenza del clown dottore viene percepita come una nota di colore, come un’utile distrazione, come una declinazione dell’animazione.

In realtà la professione del clown dottore è complessa e ben articolata, e lo è, in organizzazioni di professionisti, anche la formazione.

Come si diventa clowndottore

Il corso di qualificazione professionale va dalle 220 alle 650 ore, a cui segue un tirocinio di durata variabile. Solitamente viene richiesto come prerequisito il diploma di scuola superiore ed una serie di requisiti indispensabili quali: equilibrio di personalità, attitudine all’ascolto, capacità di lavoro in coppia ed in team, capacità artistica, un buon livello di energia, responsabilità nel rispetto di norme, regolamenti, privacy e sicurezza in ambito operativo.

Durante la formazione ci si sperimenta e si lascia emergere il proprio clown.

E’ un lavoro intenso di riscoperta del proprio “bambino interiore”, che prende a prestito il naso di clown per trovare un trucco, un costume ed una caratterizzazione.

E’ un lavoro profondo e sottile in cui viene potenziata la capacità di ascolto e lettura del contesto, la capacità d’improvvisazione, il gioco in coppia. La coppia poi sarà il team di lavoro in corsia.

E’ un meccanismo collaudato che consente sia di improvvisare sulle orme della dinamica clownesca tra Bianco e Augusto, sia di operare su più fronti contemporaneamente (bambino/mamma, bambino/infermiere..), ma anche di sostenersi nei momenti più delicati ed emotivamente significativi.

I clown in corsia

Quando i clown dottori entrano in reparto l’atmosfera della corsia muta in quanto una sola presenza estranea al contesto perturba l’ambiente tutto. L’obiettivo è molto più complesso dello “strappare un sorriso”.

Il clown dottore sostiene processi di cura anche molto lunghi, sdrammatizzando momenti di grande angoscia che possono assalire il bambino e chi lo assiste, tutto questo per dare vigore alla parte sana della persona ed accelerare i processi di guarigione.

La bibliografia sull’impatto della risata e delle emozioni positive sulla salute è ormai sterminata: moltissimi studi hanno dimostrato come quando si ride e ci si diverte si mettano in atto naturali processi endogeni di auto guarigione. Questo a causa della normale attività bio-chimica dell’organismo che risponde a stimoli positivi con la produzione di una vera e propria cascata di sostanze utili al rinforzo delle difese immunitarie. Inoltre l’attivazione del nostro “cervello umoristico” consente di percepire le situazioni come meno minacciose, rispondendo con un minore stato di stress e quindi con un calo minore di difese immunitarie.

Il potere del naso rosso

Ridere di per sé, è un atto potente e rigenerativo che produce nel corpo umano repentini cambiamenti: le pulsazioni cardiache aumentano, la pressione sale e l’espirazione risulta più intensa consentendoci una profonda ossigenazione del sangue. Proprio nel sangue qualcosa cambia: vengono rilasciati oppioidi endogeni come endorfina, serotonina, dopamina, tutte sostanze calmanti, antidolorifiche, euforizzanti ed immunostimolanti.

Ridere insieme e godere di momenti di socialità ha un impatto importantissimo dal punto di vista psico- emotivo sugli adulti ed è in fase evolutiva addirittura un atto che struttura il cervello dei bambini, in quanto va ad influire sulla futura percezione del pericolo e quindi sul modo in cui per il resto della vita risponderanno allo stress.

Dal punto di vista psicologico ridere è liberazione, emancipazione, esplosione, è l’improvvisa sospensione delle regole e delle maschere sociali, ci rimette in contatto con l’autenticità , con l’emergere istantaneo di una realtà diversa da quella che normalmente percepiamo, ci consente quindi di cambiare prospettiva, capovolgendo la nostra percezione.

Questo produce una temporanea perdita di riferimento, una destrutturazione altamente creativa che diventa mezzo relazionale, di comunicazione, d’interazione sociale profonda e produce senso di appartenenza, complicità, fiducia, senso di sicurezza, forza.

L’ospedale e il clowndottore

Vivere un’ospedalizzazione può attivare difese da parte del bambino come di tutta la sua famiglia, acutizzare vissuti depressivi o aggressivi che il bambino ha maturato dentro se rispetto alla propria malattia, come pure alcune pratiche particolarmente invasive e dolorose possono costituire un trauma in una fase delicata come quella evolutiva.

Il clown dottore facilita il contatto con un ambiente estraneo e pieno di regole, media tra ciò che è conosciuto e familiare con ciò che non lo è e per questo fonte di paura ed ansia. In questo contesto che i bambini percepiscono come privo di riferimenti la presenza del clown, dell’ultimo degli ultimi, incapace di adattarsi a quel contesto, disonesto, pasticcione ed irrisolto, rimette il bambino in una situazione di controllo e talvolta di “potere”.

Il clowndottore e il bambino

I bambini infatti non saranno gli spettatori passivi di uno sketch pre-strutturato, ma la situazione comica, il “gioco”, viene fatto emergere proprio interpretando il desiderio del bambino, in modo da permettergli un’espressione ludica. L’attivazione giocosa, consente al bambino di esprimere il vissuto di quel momento, gli consente di fare, di agire con e sul mondo per poterlo trasformare e cambiare, nonostante la situazione contingente in cui per lo più percepisce solamente di subire delle cure spesso fastidiose e dolorose.

Per quanto il clown adotti il linguaggio dell’immaginario del bambino è chiaro che la gestione delle sue azioni è sempre quella dell’adulto professionista che sa perfettamente dove vuole arrivare e qual è la strada da percorrere, ogni intervento è svolto in sicurezza e nel rispetto del contesto e delle condizioni psicofisiche del bambino e del genitore.

Gli interventi vengono quindi declinati secondo esigenze di contesto (reparto, sala d’aspetto, ambulatorio) ma anche secondo l’età del bambino, il suo stato di salute, il suo umore e quello di chi lo assiste. In alcun caso l’intervento o la presenza dei clown dottori verrà imposta: è regola infatti bussare alla porta e domandare permesso, più che norma di buona educazione è metodologicamente un’azione di restituzione al bambino ed alla sua famiglia della facoltà di scegliere.

Nel contesto ospedaliero infatti adulti e bambini vengono “spogliati” di questa possibilità e gli si richiede un grande sforzo di adattamento ad ambienti, tempi e dinamiche spesso ben poco comode e funzionali al proprio benessere, o comunque diverse da quelle che quotidianamente sceglierebbero di vivere. Ecco che quel bussare alla porta assume un peso del tutto diverso.

Chiedere permesso

Rimanere rispettosamente sull’uscio e chiedere permesso consente al bambino ed alla sua famiglia di valutare se è un momento buono per entrare o meno in relazione e quindi per “sentirsi” e fare una repentina analisi dei bisogni, e per la coppia clown di valutare la situazione.

Servono infatti una manciata di secondi di osservazione per “capire” chi c’è e come vanno le cose nella stanza, quante persone ci sono, che clima c’è, se si può essere utili, se è il caso di passare in un secondo momento. Esperienza ci dice che in quel piccolissimo lassa di tempo si gettano le base della relazione, in cui ci si offre la reciproca compagnia, per uscire “a veder le stelle”, per riprendere fiato, per superare anche questo prelievo, anche questa medicazione. Da li partono grandi amicizie ed alleanze che possono durare il tempo di un incontro o anni, dando luogo a situazioni paradossali o tenere, a balletti, canzoni, storie, momenti magici e irripetibili.

Il contatto

In tutte le circostanze comunque, i clown dottori non forzano mai la situazione o la risata, talvolta la loro presenza è utile laddove non c’è niente da ridere e si ha bisogno di abbandonarsi in un contatto umano che rimetta a se stessi: un abbraccio, una coccola, la condivisione di una notizia, di un momento di tensione.

Il clown dottore non fa che catalizzare processi umani ed emozioni all’interno dei reparti, cercando di agevolare la degenza, ma anche e soprattutto, sostenendo il personale medico- sanitario nello svolgimento delle sue mansioni. E’ fondamentale infatti che il bambino e chi lo accompagna possano affrontare momenti delicati e dolorosi avendo un sostegno in più e percependo di far parte di una comunità che cura, costituita da tante persone che cooperano per il loro benessere.

L’alleanza con i medici

L’alleanza con gli operatori sanitari è la colonna portante del lavoro del clown dottore: la fiducia e la prassi collaudata e la specificità di ogni professionalità consente di creare un ambiente a misura di bambino, in cui possano essere accolte, oltre al suo corpo ed alla sua malattia, la sua paura, la sua voglia di giocare, la sua fantasia, il desiderio di creare rapporti umani significativi, il suo desiderio di autonomia. Tutto questo può e deve essere rispettato e sostenuto, anche all’interno di un ospedale e durante una pratica medica ed è ciò che di più grande si riesce a fare nella collaborazione con le equipe di reparto: fare del periodo di degenza un’esperienza di vita e di crescita.